Testimonianza

Ghebriela Solomon
Ghebriela Solomon

 

Mi chiamo Ghebriela. Sono una ragazza Etiope e mi trovo qui in Italia per motivi di salute.

Dall’età di otto anni soffro di diabete mellito di tipo 1 il quale, nell’arco degli anni, mi ha causato gravi danni, come l’insufficienza renale, l’ipertensione, la neuropatia diabetica e tanti altri danni fisici, non ultimo la perdita della vista.  

Dal momento in cui mi venne diagnosticata la malattia, la mia vita cambiò: dovetti modificare  il mio stile di vita ed il modo di mangiare e fui costretta, inoltre, a cominciare la somministrazione di insulina quattro volte al giorno. 

Per circa un anno andai avanti in questo modo, senza grandi difficoltà, ma subito dopo iniziarono dei ricoveri molto frequenti, causati anche da numerosi coma iperglicemici. I miei problemi venivano aggravati principalmente dal fatto che, in Etiopia, l’assistenza sanitaria non era gratuita; mi capitò spesso di dover acquistare, facendo un grande sforzo economico, medicinali non sempre adatti né al mio metabolismo né alla mia malattia che causarono ripercussioni sia sulla mia salute che sul bilancio familiare.  

Grazie a Dio, la Scuola Italiana che allora frequentavo, venne incontro ai miei problemi e mi permise di terminare gli studi gratuitamente. 

Tutto questo durò fino all’età di tredici anni, in quanto mio padre, con il suo lavoro riusciva a sopperire a tutte le mie necessità. Proprio in quel periodo però, gli venne diagnosticata una gravissima insufficienza renale e, non avendo la possibilità di sottoporsi a dialisi, morì in breve tempo. Dopo la sua morte i problemi economici della mia famiglia divennero enormi anche perché mia madre, non lavorando, doveva occuparsi del sostentamento della nostra numerosa famiglia, composta da nove figli. Ogni tanto qualche amico di mio padre ci aiutava economicamente, ma questo purtroppo non era sufficiente, e così andammo avanti per qualche anno. 

All’età di quindici anni ebbi un coma iperglicemico dovuto alla carenza di medicinali e rimasi senza conoscenza per quattro giorni. Grazie a Dio, anche questa difficoltà fu superata e proprio in quel periodo mia sorella trovò un buon lavoro. Nel frattempo, però, nel mio paese avvenne una grave crisi politica la quale mi costrinse a cambiare medici in continuazione in quanto molti di loro per sfuggire alla dittatura, si trasferirono all’estero.

Nello stesso periodo cominciai a frequentare di più i miei coetanei che, come me, appartenevano alla Chiesa Cristiana Evangelica; ci riunivamo per cantare, per pregare e per evangelizzare. 

A sedici anni, il Signore mi battezzò con il Suo Santo Spirito e nonostante i problemi che affrontavo giorno dopo giorno, ero sempre allegra, contenta e con la pace nel cuore. Dentro di me si rinnovò la speranza di poter continuare a lodare, adorare e vivere per la gloria del Signore in ogni tempo e situazione. Anche se le mie condizioni di salute non miglioravano, la mia fiducia era riposta in Dio; tutto ciò si riflettè anche nella mia casa e fu il quell’occasione che mia madre accettò il Signore Gesù come suo unico e personale Salvatore. La mia famiglia, allora, faceva parte della chiesa Luterana, ed il cambiamento di nostra madre ci riempì di gioia, anche perché cominciò a frequentare la nostra chiesa, partecipando alle riunioni di preghiera. Il nostro modo di affrontare i problemi quotidiani cambiò radicalmente, eravamo meno preoccupati ed ansiosi e più fiduciosi nell’opera del Signore. 

All’età di diciannove anni, con grandissimi sacrifici, riuscii a diplomarmi. Il mio grande desiderio era quello di diventare medico, difatti cominciai a scrivere a varie Università Europee ed Africane per richiedere i documenti necessari per l’iscrizione, ma non ebbi alcuna risposta. A volte mi abbattevo, ma mia madre mi incoraggiava con tanto affetto, spronandomi a superare ogni difficoltà confidando nel Signore e questo mi aiutò a continuare a lottare. Purtroppo a settembre dello stesso anno anche mia madre morì per un arresto cardiaco; la sua morte improvvisa ci causò un profondo dolore. In quel periodo la tristezza e i dubbi invasero le nostre menti ma all’improvviso Iddio intervenne con il Suo aiuto consolando il nostro cuore e donandoci quella forza meravigliosa che solo Lui può donare, restituendoci il coraggio di continuare ad andare avanti fissando il nostro sguardo solo in Lui. Pian piano le nostre condizioni economiche migliorarono e dopo quattro mesi circa dalla scomparsa di mia madre, trovai un lavoro come cassiera presso un supermercato. L’occupazione lavorativa mi impegnava quasi dodici ore al giorno provandomi molto fisicamente, ma il bisogno economico mi spingeva a continuare per poter pagare le spese mediche, e nello stesso tempo, sostenere la mia famiglia. 

Dopo qualche mese la Scuola Italiana, nella quale mi ero in precedenza diplomata, mi offrì un lavoro come insegnante di sostegno nelle ore pomeridiane e questo mi permise di riposarmi di più e di dedicarmi anche agli studi. Purtroppo, però, il contratto di lavoro era limitato soltanto alla durata effettiva dell’anno scolastico ma, grazie a Dio, passato un breve periodo di tempo, mi offrirono anche di lavorare nella loro biblioteca durante i mesi estivi e fu così che riuscii ad avere uno stipendio per tutto l’anno. Nonostante la mia malattia, non smisi mai di sognare di poter riprendere gli studi ma, tutto sommato, ero soddisfatta del mio lavoro e felice dell’affetto che i miei alunni mi dimostravano. 

Nel 2000 uscì un bando di concorso per diventare insegnante di ruolo. Nel frattempo avevo conseguito anche l’attestato di pedagogia, per cui potei sostenere tale concorso e mi classificai seconda nella graduatoria. Venni così assunta alla Scuola Italiana e cominciai ad insegnare tutte le mattine la lingua amarica e l’inglese. Nel pomeriggio, per continuare a sostenere la mia famiglia, proseguii a dare ripetizioni private di italiano. 

Nel frattempo scoppiò la guerra tra l’Etiopia e l’Eritrea, rendendo ulteriormente difficile la vita economica del mio paese. In quel periodo mia sorella si sposò ed i miei fratelli riuscirono ad andare via dall’Etiopia nella speranza di trovare un futuro migliore in un altro paese. 

Nel 2001 il diabete cominciò a crearmi problemi agli occhi ed ai reni; le cose peggiorarono di giorno in giorno e la vista mi impediva a volte di poter leggere ed affrontare l’insegnamento come desideravo, tanto da non poter più correggere i compiti dei miei alunni. Mi sentivo male e mi sembrava di ingannare i bambini non potendo, nonostante i miei sforzi, dar loro l’insegnamento necessario. Provai a dare le dimissioni, ma grazie a Dio ebbi l’aiuto anche delle mie colleghe che riuscirono a starmi vicino. Io, comunque, accettavo con grande difficoltà la mia situazione e pregai il Signore chiedendoGli un suo intervento. Mi feci visitare da vari specialisti, i quali dopo molti controlli mi consigliarono di partire per l’Europa per farmi operare e scongiurare il distacco della retina che, del resto, era già cominciato. Mi scontrai con diverse problematiche burocratiche poiché, in quanto figlia di un eritreo e di una etiope, il personale dell’Ufficio dove mi recai non voleva concedermi il passaporto etiope, pur essendo nata ad Addis Abeba. Dopo molte difficoltà, riuscii ad ottenerlo e cominciai ad organizzare la partenza, l’unico problema era quello di trovare in Italia, una sistemazione e cercare qualcuno che sostenesse le mie spese mediche. Il preside della scuola dove lavoravo ebbe un ruolo molto importante, difatti si attivò in mio aiuto, mettendosi in contatto subito con un importante istituto di volontariato italiano per poter organizzare l’intervento e sostenere le spese per la mia permanenza. 

Non fu semplice ottenere il visto, difatti attesi circa sei mesi. All’inizio di febbraio 2003, mi fu concesso il permesso di soggiorno per motivi di salute ed il 12 febbraio dello stesso anno partii per l’Italia per una permanenza che doveva durare soltanto due mesi. 

Il 13 febbraio fui ricoverata subito presso l’Ospedale di Cisanello di Pisa, nel reparto di diabetologia. In una settimana fui sottoposta a numerosi controlli per la preparazione all’intervento agli occhi. Dopo l’operazione rimasi in ospedale per circa un mese, allo scopo di valutare se vi fossero dei miglioramenti ma, poiché non ci fu il recupero totale che speravano, i medici ritennero opportuno che io rimanessi in Italia per altri cinque mesi; durante quel periodo venni sopraffatta dalla nostalgia del mio paese, dei miei amici, del mio lavoro e dei miei alunni i quali, però, non mancarono di starmi vicino scrivendomi molto spesso. Il vuoto che sentivo in me, però, era comunque enorme.

Nel mese di aprile dello stesso anno, fui ricoverata per altri problemi: la funzionalità dei miei reni era peggiorata ed inoltre era subentrato un forte dolore lombare dovuto alla neuropatia diabetica. Il peggioramento della mia salute stava avvenendo molto velocemente, e per poterlo bloccare i medici dell’ospedale mi proposero di fare un doppio trapianto, di rene e pancreas, che mi avrebbe dato la possibilità di recuperare almeno in parte le funzioni degli organi compromessi. Per farmi questo trapianto però, i medici dovevano essere sicuri che sarei rimasta per sempre in Italia per poter continuare ad assumere a vita i farmaci antirigetto, che nel mio paese non erano disponibili. In quel periodo dovetti tornare in Etiopia per un mese, per dimettermi dall’incarico di insegnante e per congedarmi dai miei familiari. Nel mese di settembre 2003 tornai definitivamente in Italia, in attesa di poter cambiare il permesso di soggiorno che mi avrebbe consentito di rimanervi per sempre, cosa che con l’aiuto di Dio, avvenne in seguito. Più volte fui ricoverata nel day-hospital dell’ospedale di Cisanello di Pisa, sia per i problemi renali, sia per i problemi agli occhi: le mie condizioni stavano peggiorando velocemente. A gennaio 2004 mi fecero la valutazione per essere sottoposta al trapianto, con tutti gli esami e le analisi del caso, mentre ad aprile controllarono se il mio stato di salute mi consentisse di essere messa in lista per il trapianto, ma purtroppo non fu possibile perché constatarono una intossicazione causata dai troppi farmaci assunti, per cui risultò rischioso sottoporsi all’intervento in quelle condizioni; inoltre i medici non erano soddisfatti delle garanzie che il governo etiope aveva fornito per assicurare la mia permanenza in Italia, quindi rimandarono ad un’altra seduta la possibilità di mettermi in lista. 

Dopo alcuni giorni, il 3 maggio, fui ricoverata nel reparto diabetologia in quanto il mio stato di salute peggiorò ulteriormente tanto che nel tempo di una settimana mi portò alla perdita totale della vista. Anche le condizioni renali peggiorarono difatti cominciai ad essere sottoposta a dialisi due volte a settimana. A causa dello stress persi i capelli e caddi in una forte depressione: mi sentivo priva di forze ed ero completamente dipendente dagli altri per ogni necessità; tutto ciò mi causò un profondo disagio, ma a chi mi domandava come stavo, rispondevo sempre “sto bene” senza esternare mai la mia profonda sofferenza. 

Pian piano, con l’aiuto di Dio, ricominciai a sorridere ed a considerare quasi normali le mie condizioni. Molte persone, soprattutto i medici, erano meravigliati dal modo che avevo di affrontare la mia malattia, sempre allegro e gioioso, e presero a cuore la mia situazione occupandosi di me in un modo che va al di là della professione aiutandomi sia sul piano umano che economico. 

Terminato il periodo di ricovero, tornai nella casa in cui, grazie a Dio, ero ospitata. Aspettavo l’arrivo di mio fratello il quale era disposto a donarmi il rene. Anche se l’attesa e le sofferenze erano abbastanza pesanti, l’amore e la fiducia che avevo nel Signore mi portava ad avere la speranza che un giorno tutto sarebbe finito ed avrei ricominciato ad avere la salute che non avevo mai avuto. Non ero più sola, avevo molte persone che mi stavano vicino e che, nei momenti di sconforto, mi sostenevano con l’amore di Dio. 

Nel mese di novembre 2004 mio fratello arrivò in Italia per donarmi il rene. Dopo poche settimane venne ricoverato presso l’ospedale di Pisa per gli accertamenti di compatibilità; proprio in quel periodo ebbi un coma ipoglicemico ed anche in quell’occasione mi salvai per miracolo. A quel punto i medici cercarono di accelerare le pratiche del trapianto, ma anche in questo frangente sorsero numerosi problemi, tanto da dover ripetere le analisi così tante volte che passarono circa sei mesi. 

Nel frattempo frequentavo la Chiesa Cristiana Evangelica A.D.I. ed ebbi l’opportunità di realizzare il mio primo CD contenete la mia testimonianza ed alcuni cantici. Il 30 gennaio 2005 andai a Roma, nella Chiesa Cristiana Evangelica A.D.I. di via Tagliamento dove potei realizzare il mio più grande desiderio: quello di essere battezzata in acqua. Quello fu per me un giorno glorioso, in quanto ho potuto testimoniare pubblicamente della salvezza e dell’aiuto che il Signore giorno dopo giorno mi dava portandomi avanti anche nelle difficoltà che incontravo. Passai, in seguito, un periodo abbastanza tranquillo; ero contenta perché poco alla volta i miei desideri si realizzavano, oltre alla malattia non avevo nessun tipo di problema, ed ero serena. Avevo scoperto, in me, un amore profondo verso gli altri, un amore che riconoscevo essere un dono prezioso che Dio aveva infuso nel mio cuore ed avevo anche  la consapevolezza di essere contraccambiata. 

Pochi mesi dopo, il 27 aprile 2005, mi fu comunicato che la commissione medica aveva accettato di mettermi in lista attiva per il trapianto combinato di rene e pancreas. Ero spaventata, ma al tempo stesso fiduciosa. Pochi giorni dopo, il 2 giugno, ci chiamarono per il trapianto. L’intervento durò circa nove ore, e grazie a Dio tutto andò bene. Gli organi che mi erano stati trapiantati cominciarono subito a funzionare, tanto è vero che il mio ricovero durò pochissimo. 

Dopo cinque mesi di vita normale, cioè senza dover essere sottoposta a dialisi ed essere costretta alla somministrazione dell’insulina giornaliera, il mio organismo ebbe il rigetto del pancreas, e purtroppo tale disturbo si cronicizzò, costringendomi nuovamente a riprendere  la terapia insulinica. 

A febbraio 2006 subentrò un altro problema, in conseguenza al farmaco antirigetto che assumevo, i miei globuli bianchi scesero moltissimo ed i medici temettero l’insorgenza di una leucemia; fui quindi sottoposta ad un prelievo di midollo osseo per stabilire la causa dell’abbassamento di questo valore, ma grazie a Dio il risultato fu negativo. 

Dal mese di giugno i miei valori cominciarono ad assestarsi e questo mi permise di spostarmi da Pisa a Roma per cominciare una nuova vita, che non fosse più strettamente dipendente dall’ospedale. 

La mia vita oggi continua; nonostante le sofferenze, la malattia e i danni fisici riportati io so che il mio Redentore vive e non perdo la speranza in Lui, perché Colui che mi ha creato è un Dio eterno, è lo stesso ieri oggi ed in eterno e la Sua opera, la Sua potenza, il Suo amore e la Sua misericordia sono sempre immensi nella mi vita. Io aspetto ancora oggi il Suo tocco potente di guarigione, perché so con certezza che Egli lo farà e che salverà chiunque si rivolga a Lui con fede.