Meditazioni bibliche
9. UN SOLO MEDIATORE
Nella Chiesa delle origini la preghiera era rivolta a Dio, per mezzo di Cristo.
Questo modo di pregare, per mezzo di Cristo, è basato sulla premessa che la grazia e l'amore di Dio giungono a noi “per mezzo di Cristo” e che Cristo regnante è il Signore ed è accessibile in quanto mediatore tra Dio e gli uomini.
Nella prima lettera dell'apostolo Paolo a Timoteo (2:5-7) si legge:
Infatti c'è un solo Dio e anche un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Cristo Gesù uomo, che ha dato sé stesso come prezzo di riscatto per tutti; questa è la testimonianza resa a suo tempo, e della quale io fui costituito predicatore e apostolo (io dico il vero, non mento), per istruire i pagani nella fede.
Attraverso Cristo, l'amore del Padre, come una immensa onda, si spande sul mondo e avvolge tutte le creature.
Quella donna aveva perso una dramma, una piccola moneta.
Dopo molte faticose ricerche la ritrovò; è fu tanto grande la sua gioia che, non riuscendo a trattenerla, corse e chiamò le sue amiche perché condividessero la sua allegria.
Quel figliolo in casa aveva tutto. Ma sognando l'avventura, chiese la parte dei suoi beni e se ne andò in terre lontane, lasciando una profonda tristezza nel cuore del Padre.
Si tuffò nel torbido splendore del mondo fino a dissipare ogni cosa.
Vinto dagli amari frutti di una vita scellerata e dalla nostalgia, si avviò verso casa; ma essendo ancora lontano, suo Padre lo vide, ne ebbe compassione, gli corse incontro, gli si gettò al collo, lo baciò e lo ribaciò.
Poi, giunti in casa, lo rivestì completamente e gli allestì un banchetto quale non aveva mai visto in vita sua.
Servendosi di narrazioni ed apologhi, Gesù andò svelando, a poco a poco, i tesori del “cuore” del Padre ai suoi meravigliati e umili ascoltatori.
Ma anche di tutto questo, la mente umana sembra aver perso memoria.
10. SPERANZA IN DIO
La speranza
Nel dizionario la “speranza” viene così definita: «attesa viva e fiduciosa di un bene futuro». Così definita, la speranza ci appare come una “forza” attiva rivolta a disegnare un futuro migliore ovvero una meta da raggiungere.
Generalmente, però, la speranza viene intesa in forma piuttosto “debole”, come quando diciamo (ad esempio) «Speriamo bene» oppure «Non ci rimane che sperare», e così via. In questo caso è evidente che non stiamo sperando ma cerchiamo, con le parole, di evocare la speranza oppure di “convincerci” che dobbiamo sperare, e ciò allo scopo di mitigare o allontanare in qualche modo i pensieri negativi dalla nostra mente.
Con questa operazione, in sostanza, tendiamo, più o meno inconsciamente, di rimanere al “centro” di due alternative entrambe incerte: l’una negativa e l’altra positiva.
In realtà, quasi sempre, quella “negativa” appare più motivata e quindi più pressante, mentre quella “positiva” desiderata, immaginata dal nostro intelletto, appare piuttosto debole. È facile, quindi, che quella negativa finisca per dominare la nostra mente, facendola così cadere nello sconforto o peggio nella disperazione.
La speranza può essere meglio compresa se partiamo dal suo opposto, e cioè dalla disperazione.
Immaginate di essere un impiegato modello, da sempre stimato dai vostri superiori. Un giorno, mentre state lavorando, vi chiama il vostro superiore diretto, il quale, con un tono di voce ferma, vi dice che siete sospettato della ruberia di alcuni oggetti di un certo valore di proprietà dell’azienda. Rispetto a tale infamante sospetto, dichiarate subito la vostra innocenza, che non vi siete mai appropriato di nulla, ma le considerazioni addotte dal vostro superiore e, soprattutto, alcune “strane” circostanze non sembrano lasciarvi spazi di difesa. Insomma, come spesso si dice in questi casi, avete avuto la “sfortuna di esservi trovato in posti sbagliati, nei momenti sbagliati”.
Nella vostra mente iniziano così ad affacciarsi immagini angosciose sul futuro; cercate di scacciarle ma non ci riuscite. Allora vorreste “gridare” la vostra innocenza, ma non lo fate, sapete che arriverebbero i vostri colleghi e che ne uscireste umiliato.
In preda alla disperazione, di tanto in tanto, sembra affacciarsi una vaga possibilità, una timida speranza, dopo tutto, pensate, non ho fatto nulla di cui sono sospettato, per cui, prima o poi, la verità verrà fuori. Così, sorretto da questo pensiero, da questa timida speranza, provate ad andare avanti. Ma ecco, mentre siete in preda di detti alterni pensieri, arriva il vostro diretto superiore, vi sorride, vi dice che è stata “trovata” la persona responsabile della ruberia di cui siete stato ingiustamente sospettato, vi chiede scusa per l’accaduto, aggiungendo rassicuranti parole di circostanza.
Con queste parole l’angoscia scompare, vi invade una sensazione di leggerezza, di benessere, tornate così ad immaginare un futuro sereno.
Sin qui ci siamo mossi con riferimento alla speranza intesa come prodotto del nostro intelletto, o meglio dalla nostra coscienza razionale. Tale speranza, anche se in alcuni casi può apparire più vigorosa rispetto a come è stata sopra descritta, non è però capace di superare quella “muraglia” che sembra togliere il tempo e ogni prospettiva di vita, quando ci troviamo di fronte agli eventi dolorosi ed ineluttabili della vita.
È opportuno considerare che la speranza non può, in ogni caso, essere intesa come fiducia “cieca”, rispetto ad una meta che desideriamo raggiungere, anche quando tutte le circostanze, obiettivamente considerate ci mostrano esattamente il contrario. Molto spesso, infatti, rispetto alla realtà delle cose ed alle circostanze della vita, ci troviamo impotenti, se non addirittura “sudditi”.
Alcune persone, mirando a mete a loro inaccessibili, nelle quali molto spesso si rifugiano con la fantasia, come in un giardino incantato, finiscono, prima o poi, per dibattersi tra continue delusioni le quali, a poco a poco, finiscono per distruggere ogni possibilità di cambiamento, ogni via di uscita, insomma ogni speranza, ma anche la possibilità di apprezzare e di essere riconoscenti di quanto la vita ci ha donato.
Speranza in Dio
La speranza in Dio non è un ragionamento, un calcolo di probabilità o la ricerca di una rassicurazione, ma è una intuizione, un sentimento di “amore” che, superando ogni situazione e valutazione umana, ci rimette in rapporto fiducioso con Dio. Le speranze quotidiane, quindi, sostenute ed alimentate dal nostro intelletto e dalle nostre azioni, possono trovare un senso più compiuto e profondo, soltanto se c’è la “grande” speranza, e cioè quella della salvezza.
Nella lettera di Paolo apostolo a Tito (cap. 2 v. 11-14) si legge: «Infatti la grazia di Dio, salvifica per tutti gli uomini, si è manifestata e ci insegna a rinunziare all’empietà e alle passioni mondane, per vivere in questo mondo moderatamente, giustamente e in modo santo, aspettando la beata speranza e l’apparizione della gloria del nostro grande Dio e Salvatore, Cristo Gesù. Egli ha dato se stesso per noi per riscattare da ogni iniquità e purificarsi un popolo che gli appartenga, zelante nelle opere buone».
In un’altra lettera, sempre di Paolo apostolo, diretta ai Romani (cap. 8 v. 18) si legge: «Infatti io ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria che deve essere manifestata a nostro riguardo».
La vita, la morte e la resurrezione di Gesù sono così forti e potenti da riuscire a parlare agli uomini di tutti i tempi e quindi anche all’uomo di oggi. Cristo, infatti, è l’unica vera risposta e l’unica vera speranza, risposta e speranza che possono essere dimenticate, ovvero non essere presenti nella nostra vita, ma non possono, in alcun modo, essere annullate. Se la “grande” speranza non c’è, il dolore e le angosce del quotidiano, specialmente quando sono profonde e reali nella nostra esistenza, possono facilmente dominare la nostra vita, per cui non riusciamo più a vedere una via di uscita, una risposta, insomma una luce di speranza.
La speranza in Dio ci appare quindi come una forza diretta verso un futuro propizio designato da Dio stesso, o meglio come una “rivelazione” di ciò che può essere, di ciò che possiamo realizzare. E quanto più questo desiderio è forte, radicato, tanto più la speranza ha la capacità di “trasfigurare” il futuro, di presentarcelo radioso, infinitamente desiderabile.
Questa speranza ha il potere di rassicurare il nostro cuore, di placare le nostre ansie, di rendere sopportabili i momenti “duri” della vita: è come un’oasi in mezzo al deserto, o meglio una fortezza in cui possiamo riposare sicuri.